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The Rolling Stones

Discussione in 'L'Altra Musica' iniziata da Sytry, 14 Aprile 2007.

  1. SangueNero

    SangueNero
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    4 Luglio 2007

    Gli Stones si rivolgeranno anche ad un pubblico adulto... adulti sì, ma fessi no :P . Con questo non voglio dire che chi va è un fesso, non mi potrei mai permettere, anche perché lo sarei io per prima per altri concerti a cui ho preso parte.
    Diciamo che da adulto se lavori, hai una famiglia e comunque te lo puoi permettere, vai, se invece lavori, hai una famiglia e non te lo puoi permettere, non vai. Se ci tieni parecchio, vai, se ne fai una questione di principio, non vai.
    Se sei uno studente vedi un po' te...

    La mia non è una crociata anti-Stones. Non sono i primi e non saranno gli ultimi. Sono abbastanza alterata perché se ne vedono spesso di queste cose. Chiamali scemi...
    Freddie ma chi te lo fa fare? :)
     
    #76
    Ultima modifica: 4 Luglio 2007
  2. Freddie Rose

    Freddie Rose
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    4 Luglio 2007

    il fatto e che sono delle leggende del rock e non vorrei perdermeli...insomma vorrei vederli prima che sia troppo tardi...:hihi: però il biglietto non posso permettermelo...e se i costi continueranno su questa linea misa che li vedro fra circa 40 anni...:)
     
    #77
  3. Wratchild

    Wratchild
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    4 Luglio 2007

    Tranquillo...saranno ancora vivi...e in tour...:P
     
    #78
  4. maxthecat

    maxthecat
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    The Great Oracle

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    4 Luglio 2007

    Come non quotarti carissima Ilaria!!!:happy:
    Effettivamente con 177 €uro me ne vedo 4 di concerti e m'avanza pure qualche €uro.... questo prezzo è assolutamente ingiustificato... mi spiace I Stones saranno pure un mito ma più che Stones so Strons:rotfl: :rotfl: :rotfl:
     
    #79
  5. EUROPE85

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    4 Luglio 2007

    gli stones stanno bene a casa......
    con quel prezzo me compro 5 biglietti x 5 concerti
     
    #80
  6. Sytry

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    7 Luglio 2007

    il problema è il costo del biglietto...è una delle cose ke mi ha impedito di esserci..ora avranno finito di suonare,sarà certamente stato un bellissimo spettacolo.Ma il prezzo era troppo alto,cavolo.
    Avviso a chi ci è andato: fatemi sapere un pò la scaletta!
     
    #81
  7. EUROPE85

    EUROPE85
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    7 Luglio 2007

    ho letto che ronnie wood e' povero, ma come e' possibile?se suoni nei rolling e' imposibile che sei povero.
    ha chiesta 375 mila euro a mick e keith, loro je l'hanno dati subito, gia mi immagino la scena, scusate ragazzi avete da prestarmi 375 mila euro? mick tira fuori il portafoglio e dice: tieni eccoli ihihihih.....
     
    #82
  8. Jena Plissken

    Jena Plissken
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    ....still climbing...

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    7 Luglio 2007

    mi piacciono gli Stones ..li ammiro caspita sono il rock n' roll....ma non sono andato a Roma:annoyed: :rage: .....se vogliono anche il sangue lo dicano!!!
    e poi non critico ne chi va ne chi non va....
    la mia riflessione è un'altra: 175 euro ovvero 350.000 mila lire per un concerto ..sono troppe..
     
    #83
  9. EUROPE85

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    7 Luglio 2007

    con quei soldi ce compri 4 o 5 biglietti x altri concerti.....
    voglio esse sincero io non ce so andato xche li ho visti a milano pochi anni fa, pero'non ci sarei andato ugualmente 177 euro ahahah....
     
    #84
  10. iron roses

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    7 Luglio 2007

    ma come fa:nono:
     
    #85
  11. EUROPE85

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    7 Luglio 2007

    ah bo e chi lo sa:shock:se fosse vero bisogna dargli un premio, piu di 500 milioni di euro fino a poco tempo fa ha incassato il loro tour, se fossi strisciagli darei un premio:lollone:
     
    #86
  12. iron roses

    iron roses
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    7 Luglio 2007

    bah...già,meglio dargli il tapiro....
     
    #87
  13. EUROPE85

    EUROPE85
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    7 Luglio 2007

    come striscia non intendevo il tapiro, cioe' anche il tapiro e anche qualkos'altro ihihih....
     
    #88
  14. Albi

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    1 Dicembre 2010

    Ri-uppo il topic :)

    Negli ultimi diciotto mesi ho approfondito moltissimo la mia conoscenza degli Stones...
    Li conoscevo già da molto tempo prima, ma mi limitavo ai pezzi storici, senza aver mai approfondito gli album. Dopo l'innamoramento per Gimme Shelter (uno dei loro pezzi migliori in assouto, secondo me, uno dei grandi pezzi del rock), ho deciso di iniziare a seguirli un po' meglio.

    Devo dire che la parte della loro carriera che va dal 1962 alla prima metà del 1968 non è ancora un campo in cui sono molto ferrato, ma più che altro si tratta di una questione strettamente personale: pur essendo cultore ed estimatore del British sound di quel periodo (ossia il periodo del Blues Revival, quando i bianchi scoprirono Johnson, Waters, Burnett & Co... Periodo a cui dobbiamo tutti, musicalmente parlando, tantissimo), sulla totalità dei brani da loro eseguiti e/o composti (ricordiamoci che furono numerosissime le cover contenute nei primissimi dischi della band) sono più legato ai pezzi più blasonati, come Satisfaction, Let's Spend The Night Together, Ruby Tuesday o Paint It Black o ai pezzi più blues (per lo più cover, tipo The Red Rooster di Chester Burnett aka Howlin' Wolf o Can't Be Satisfied di Muddy Waters).
    Probabilmente la cosa è dovuta alla presenza chitarristica/compositiva di Brian Jones, elemento su cui parlerò meglio appena inizierò a parlare del suo successore...

    Le cose iniziano a cambiare nel '68, quando arrivano il singolo Jumpin' Jack Flash e il disco Beggars Banquet: la prima è una canzone PERFETTA, il secondo per chi scrive è il primo, autentico capolavoro degli Stones (anche se non al livello del suo successore).
    Brian Jones ha già iniziato a dare segni di squilibrio e l'asse compositivo del gruppo si sposta verso la coppia Jagger/Richards: ecco quindi il passaggio ad un sound più americano, basato più sulla robustezza delle chitarre che sulle sperimentazioni che avevano caratterizzato i dischi precedenti fino a Their Satanic Majestic Requested, con influenze più blues, country, boogie che beat, psichedeliche o pop, ma che non rinuncia ancora a qualche tocco esotico di tanto in tanto.
    Le parti di chitarra di Beggars Banquet sono quasi interamente suonate da Richards e si sente, non c'è più la "nobile arte dell'intreccio chitarristico", come ama chiamarla ancora adesso il mitico “Keef”, ma c'è un chitarrista che ha dovuto prendersi la responsabilità di portare avanti strumentalmente la band da solo, senza l'apporto di una presenza fondamentale e ingombrante come quella di Jones, ora più dedito alle aggiunte di particolari tocchi di classe (armonica, sitar, mellotron) che ad un reale apporto compositivo/chitarristico.
    Il risultato è un suono tanto scarno ed elementare quanto pieno e roboante: vedi la chitarra acustica portata alla distorsione tramite registratore a bobine di Street Fighting Man o l'assolo graffiante ed epocale di Sympathy For The Devil.
    Il resto della band gira alla grande, Bill Wymann e Charlie Watts sono le fondamenta, Jagger, Richards e Jones, con l'apporto di altri (Nicky Hopkins al piano, Anita Pallenberg e Marianne Faithfull occasionalmente ai cori) costruiscono il resto e il risultato è un disco "sporco", fatto di blues (Prodigal Son, Stray Cat Blues) e country (Jigsaw Puzzle, Salt Of The Earth), la colonna sonora ideale per una torrida estate di proteste.

    Nel giro di un anno però le cose cambiano, e parecchio.
    Brian Jones è definitivamente scoppiato, tra droghe, paranoia e tensioni personali (le personalità di Jagger e Richards non concedono più tanto spazio all'anima beat del gruppo, fattore a cui va sommato il triangolo tra Keith, Brian e Anita Pallenberg, storica fidanzata di Jones infatuata prima e legata poi a Richards) e viene ufficialmente estromesso dal gruppo.
    Il suo sostituto è Mick Taylor, ex chitarrista della più recente, per l'epoca, formazione dei Bluesbreakers di John Mayall: mai cambio di chitarrista fu più provvidenziale nella storia del rock.
    Jones era sì dotato di eclettismo, talento e passione, ma la sua tecnica e il suo apporto sonoro sono sempre stati essenziali, ottimi per costruire armonie e intrecci chitarristici con la letale ritmica di Richards, ma inadeguati per il rock puro e senza fronzoli scaturito dalla nuova posizione di Keith nell'economia del gruppo: con questa nuova formazione gli Stones diventano per la stampa e per il pubblico la più grande rock and roll band del mondo e non c'è da stupirsi, da una parte abbiamo una delle migliori chitarre ritmiche di tutti i tempi, dall'altra un solista dotato di gusto, espressività, tecnica e capacità di improvvisazione. Va detto che ora la soluzione chitarristica è meno originale della precedente (non più intrecci, ma contrapposizione tra ritmica e solista come normalmente avviene in altri gruppi), ma le vette d'eccellenza toccate da entrambi i chitarristi fanno sì che il sound diventi grandioso, capace di trasformare ogni performance in un autentico torrente di note.
    Il primo pezzo in cui questa nuova coppia dà prova di sè è il singolo Honky Tonk Women del 1969, brano dal sapore fortemente americano, dove il country incontra il blues e insieme copulano dando vita ad un pezzo dal ritmo irresistibile. Keith Richards ha scoperto e definitivamente imparato a padroneggiare le accordature aperte su cinque corde (elemento già impiegato nel 1968, ma ora c’è una sostanziale differenza: si tratta di una soluzione definitiva e non più un divertissement, di una parentesi all’interno delle tecniche impiegate dal chitarrista, il suo stile è completamente cambiato) e da lì in poi le cose non saranno più le stesse, i suoi riff diventano pieni, percussivi e travolgenti e si sommano ai gustosi, ficcanti e impeccabili lick di Taylor.

    Honky Tonk Women è l'antipasto al miglior disco mai scaturito dalle menti delle cinque pietre inglesi (o almeno così la penso io): Let It Bleed, grondante disillusione, cinismo, la rappresentazione della fine del grande sogno degli anni '60. E' il disco della transizione, del cambiamento e della rottura, Jones e Taylor suonano in soli due pezzi ciascuno, a ulteriore prova del fatto che ci troviamno in un momento a cavallo tra le due formazioni.
    L'opera inizia in maniera epica e angosciata con Gimme Shelter, autentico capolavoro di scrittura ed esecuzione musicale, con un testo che esprime molto bene il clima apocalittico che si respira nel corso della seconda metà del '69. E' la fine di un'epoca, i figli dei fiori e il loro sogno stanno per estinguersi, Charles Manson, la violenza delle manifestazioni, il Vietnam e altri tragici fatti rendono questo pezzo un autentico grido di aiuto, "dammi un riparo, la guerra è ad uno sparo di distanza". Fondamentale l'apporto vocale di Merry Clayton, corista nel pezzo: la sua voce è un autentico, melodico grido di dolore e conferma ulteriormente lo status di capolavoro della traccia.
    Il disco prosegue con un'ulteriore esplorazione da parte degli Stones dei suoni americani: la cover del brano Love In Vain dello storico bluesman Robert Leroy Johnson, pezzo che parla con disillusione e sfinimento di un amore agli sgoccioli, è blues puro, tanto quanto Country Honk, composizione originale del gruppo (unico pezzo del disco insieme alla successiva Live With Me in cui suona anche Taylor) e versione ulteriormente "americanizzata" di Honky Tonk Women, si rivela un brano di puro country, genere conosciuto da Richards grazie alla sua amicizia con Gram Parsons, storica figura americana di questo importante genere musicale.
    Live With Me e Let It Bleed donano tinte ulteriormente fosche al disco, entrambi i pezzi sono cinici e disillusi, sboccati, sadici e volgari, gli Stones non sono più i ragazzacci della swinging London, sono diventati uomini vissuti, pieni di rimpianti e amara lucidità, con un gusto quasi sadico per la satira dei costumi dell’epoca.
    Midnight Rambler è un altro capolavoro: pur non essendo un blues in senso stretto, è il miglior pezzo del genere mai prodotto da Richards, Jagger e compagni. Ha un ritmo irresistibile, un'atmosfera a cui è impossibile sfuggire e un testo enigmatico, carico di una sottile minaccia mascherata dall'aria apparentemente scanzonata che assume il gruppo mentre lo esegue.
    You Got The Silver è una superba ballata country cantata completamente da Richards (ed è insieme a Midight Rambler l'unico pezzo che contenga un contributo di Brian Jones al disco: qui suona l'autoharp, mentre nell'altro pezzo si dedicava alle percussioni). L'atmosfera è romantica e sognante, ma il gusto e il mood del brano sono robusti, gli Stones sanno essere morbidi, ma mai incosistenti.
    Ed è sempre Richards il protagonista del pezzo successivo, Monkey Man, la quale, per quanto cantata da Jagger, è caratterizzata dalla mordace chitarra di Keith e il suo testo parla di droga, del marciume della vita da tossico... Vista la fama "sex, drugs n rock n roll" del gruppo e di Richards in particolare, non c'è da stupirsi, il pezzo dona ulteriore, apocalittica coesione al platter e rende l'atmosfera ancora più tesa.
    Tensione che si allenta e quasi si dissolve con il brano di chiusura del disco, You Can't Always Get What You Want, brano orchestrale, arrangiato in maniera solenne e corposa con l'utilizzo di corni, archi e del London Bach Coir. Il trasporto di Jagger è impressionante, così come la prova dei musicisti alle sue spalle, eppure il pezzo nonostante l'aura quasi religiosa che trasmette è profondamente pessimista e il suo testo con l'ammonimento del titolo guarda con tristezza e stanchezza ai vari contrasti dell'epoca della sua composizione.

    Let It Bleed è in sintesi un disco epocale, fortemente calato in un contesto storico affascinante e suggestivo, un attimo impresso su disco, la cristallizzazione di un sentimento, dello spirito del tempo di un'epoca. Gli Stones stanno lottando, sopravvivono, subiscono perdite, ma sono sempre pronti a rialzarsi, pronti a vincere e continuare la loro storia di musica, eccessi e complesse vicende personali: hanno appena varcato la porta degli anni '70, il decennio del loro massimo splendore.

    Dopo la pubblicazione nel 1970 dell'album dal vivo Get Your Ya Ya's Out, segue un periodo di relativa calma, dedicato alla composizione di un nuovo capolavoro, uscito nell'Aprile del 1971: si tratta di Sticky Fingers.
    Il disco, a partire dalla copertina, è destinato a fare scalpore, sia per qualità che per contenuti: si pensi per esempio al capolavoro Brown Sugar, posto sapientemente in apertura del disco. Strumentalmente è una sorta di bignami del rock and roll, liricamente è un affronto a qualsiasi forma di censura, con i suoi riferimenti a droga e svariate pratiche sessuali. Il messaggio è forte e chiaro, i Rolling Stones sono tornati per restare dopo i fatti che hanno concluso il decennio precedente e iniziato il successivo (come la morte nel 1970 di Brian Jones, avvenuta in circostanze mai chiarite non molto tempo dopo la sua definitiva cacciata dal gruppo).
    Il resto del disco si muove su coordinate fascinosamente familiari, il contributo di Mick Taylor ora è concreto e volto alla totalità del disco, non più ad episodi sporadici come in Let It Bleed: dagli epici scambi chitarristici in Brown Sugar, passando per il dolente blues di Sway, l'epica improvvisazione jazzata-latineggiante alla Santana di Can't You Hear Me Knockin' (contenente uno dei migliori riff di apertura mai partoriti dalle dita di Richards) e concludendo il disco con la sottovalutatissima Moonlight Mail, ballata malinconica e notturna, pregna di un feeling magistrale.
    Ed è il feeling il comune denominatore di tutto il resto dell’opera: il country sfinito e sudato di Wild Horses, il soul blues di I Got The Blues, il decadentismo di Sister Morphine (frutto di una collaborazione tra Jagger e Marianne Faithfull) e Dead Flowers, l'amore per il blues di You Gotta Move (cover di uno standard del blues reinterpretato storicamente dal celebre chitarrista americano Bo Diddley, uno dei numi tutelari delle pietre rotolanti britanniche e ripreso negli anni 2000 dagli Aerosmith nel loro disco di cover blues Honkin' On Hobo), la strafottenza di Bitch.
    Musicalmente il disco trasuda rock da ogni poro, ma lascia spazio a contaminazioni Jazz (il sax del celebre assolo di Bobby Keys in Brown Sugar; gli interventi pianistici di Nick Hopkins e Ian Stewart, fondatore storico dei Rolling Stones relegato al lavoro in studio in quanto non abbastanza fotogenico; la coda di Can't You Hear Me Knocking e il suo duetto tra Keys e Taylor), Country (Wild Horses, capolavoro poi ripreso puntualmente da Slash sia nei Guns N Roses che nei suoi Snakepit) e Soul (la voce di Jagger in questo disco farebbe bagnare la più decrepita delle monache di clausura, le sue influenze americane lo hanno reso un frontman leggendario e la sua maturità artistica arriva finalmente a compimento con questo disco, dopo un percorso iniziato coi toni luciferini di Simphaty For The Devil e proseguito lungo tutto Let It Bleed e la sua tensione latente).

    Gli Stones con Sticky Fingers inaugurano un periodo economicamente contraddittorio: il successo di pubblico e di critica e i costanti tour consentono loro di avere introiti cospicui e sicuri, ma il fisco inglese non perdona e le tasse arrivano come grandine sulle loro tasche. Il gruppo rischia così di ritrovarsi con più spese di quante ne possa effettivamente sostenere e la decisione presa è quella di spostarsi in Francia, sulla Costa Azzurra, dalle parti di Nizza: gli Stones decidono di registrare il loro prossimo disco nella sfarzosa villa di Richards a Nellcote.
    E' iniziato l'esilio e i risultati saranno epocali.

    A Nellcote il regime di lavoro è impressionante: guidati da un Richards pieno di droghe e liquori vari fino agli occhi (è il periodo delle “maratone” del chitarrista: per cinque giorni e altrettante notti "Keef The Riff" era capace di stare in piedi senza mai fermarsi per riposare o dormire, potendosi dedicare così senza limiti a registrazioni, composizioni ed esecuzioni varie), gli Stones producono un numero di pezzi (diciotto per la precisione, ma altri dieci pezzi furono composti e registrati per poi essere scartati e recuperati solo nel 2010 per l'uscita rimasterizzata del disco in questione) sufficiente a colmare un doppio disco, formato inizialmente osteggiato dalla casa discografica, alla fine costretta a cedere alle richieste pressanti delle loro galline dalle uova d'oro.
    Il doppio disco in questione era Exile On Main Street, riconosciuto da buona parte della critica mondiale come il miglior disco degli Stones di sempre.
    Ora, tutto ciò è questione di gusti personali (io per esempio, come già scritto, preferisco Let It Bleed), ma il disco era, è e resta un capolavoro: è difficile da spiegare a parole, ma non c'è proprio un pezzo che valga la pena citare rispetto ad altri, come invece avveniva in Sticky Fingers o Let It bleed, semmai ci si trova davanti ad un lavoro da ascoltare in blocco, un turbine grezzo di blues, boogie, soul, country col rock come collante universale. Personalmente mi sono rimasti molto impressi i pezzi Shine A Light (ballata poi ripresa da Scorsese per dare titolo al suo film-concerto capolavoro sugli Stones), Shake Your Hips (cover del bluesman Slim Harpo, ispiratore di La Grange degli ZZ Top), Happy (registrata da Richards senza l'aiuto degli Stones, ma con i fidi Nicky Hopkins e Bobby Keys più il produttore Jimmy Miller), ma tutto il resto del disco è davvero ottimo, non c'è pezzo che skipperesti, diciotto pezzi uno di fila all'altro, uno dei fuochi più serrati e selvaggi della storia del rock.
    Gli Stones sono in guerra con la loro terra d'origine e le registrazioni di Nellcote testimoniano la loro voglia di vivere, tra edonismo e istinto di sopravvivenza. Per confermare l'idea dell'esilio il missaggio definitivo del disco avvenne a Los Angeles, dove nacque l'idea definitiva per il titolo del disco.
    Inizialmente Exile On Main St. non fu un successo di critica, per quanto fosse balzato immediatamente al numero uno delle classifiche di vendita, ma il tempo diede ragione ad un disco meno immediato e più intenso dei precedenti, rendendolo di fatto una pietra miliare per tutto ciò che venne dopo.


    Ecco, per il momento la mia esplorazione degli Stones si ferma qui (anche se potrei decantare per altre mille righe della qualità dei loro concerti degli anni '70... Ho un bootleg del 1973 registrato a Bruxelles che è la fine del mondo, Jagger, Watts, Wymann, Richards e Taylor fanno cose talmente eccitanti da sembrare illegali :D I loro tra il 1972 e 1975 sono, non a caso, considerati come la più travolgente cavalcata rock di sempre, seconda solo ai mastodontici tour dei Led Zeppelin dello stesso periodo... Signori, parafrasando Homer Simpson: "Il rock ha raggiunto la sua perfezione negli anni '70").
    Aggiungo solo un commento a caldo sull'autobiografia di Keith Richards, che ho appena finito di leggere e che mi ha spinto a riprendere in mano parte della discografia degli Stones: è un ottimo libro.
    Probabilmente il merito è di James Fox, coautore e probabile ghost writer del libro, ma ciò non toglie una sola, singola parte di nulla ad uno dei libri rock più belli di sempre: al di là degli ovvi contenuti "piccanti" (vi siete chiesti dove e come sono nati i vari miti dell'edonismo e della dissolutezza delle rockstars? Le risposte sono tutte lì dentro, una per una), ciò che leggerete è la storia di una vita, vissuta al massimo grazie ad un amore sconfinato per la musica e per i propri cari: Keith Richards compare sotto una luce nuova grazie a questo libro e certe parti, incentrate sul rapporto con i suoi genitori, le sue donne, i suoi figli o con Jagger e gli altri compagni di viaggio, risultano molto toccanti e rivelatrici, si avverte un fortissimo elemento umano in una storia iniziata nel 1943 nel sobborgo inglese di Dartford.
    Il testo è scorrevole, una buona via di mezzo tra il flusso di coscienza e la narrativa. Inoltre, particolare molto gustoso, lo stile è lo stesso delle risposte date durante le varie interviste storiche di Richards: oltre a donare credibilità al tutto, ciò permette al lettore di mettere molta più partecipazione in quanto legge, poichè la prosa impiegata è secca e scorrevole senza però rinunciare a descrizioni dettagliate e il piacere della lettura (a differenza dell'autobiografia di Slash uscita un annetto fa: un buon libro, ma certe parti erano eccessivamente aneddotiche e lo stile tradiva un certo gusto per le frasi a effetto e gli aforismi... Niente di male, ma preferisco scritture più organiche), nemmeno nei passaggi dove si avverte maggiormente la scrittura in prima persona da parte dell'autore. Con questo sistema anche gli aspetti "tecnici" per quanto concerne l'operato chitarristico di Richards non risultano mai indigesti, nemmeno per chi (a differenza del sottoscritto, feticista dello strumento) non è ferrato in materie musicali: è un libro scritto in maniera fortemente personale, ma anche umana ed accessibile, non è un’operaper pochi eletti, diciamo, è alla portata di tutti.

    Un ottimo libro quindi, perfetto per chi, come me, vuole approfondire una figura spesso accostata ad un numero eccessivo di clichè o stereotipi da "cultura rock", per vedere l'uomo dietro al mito, ai riff di chitarra, agli scandali, al gossip, agli epici tour in giro per il mondo, ai concerti epocali, ai capolavori in forma di disco e di singolo, alle leggende e agli aforismi, l'uomo dietro alle tre note di Satisfaction: signore e signori, Keith "Keef" Richards.
     
    #89
  15. Aguirre

    Aguirre
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    1 Dicembre 2010

    Ok Albi...mi prendo un giorno di ferie e leggo tutto!











































































    :D;)
     
    #90
    A gianlucadr piace questo elemento.

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