Alice Cooper

La recensione di TM:
Recensione: Paranormal - Alice Cooper
Segnalo a @Fabio Vellata un refuso: "Paranormal" è il ventisettesimo album di Alice Cooper, non il ventiseiesimo.
Quando avrò ascoltato l'album un discreto numero di volte commenterò i contenuti della recensione, confrontandoli con le mie impressioni.

 

E io attendo la tua recensione...

 

Grazie della segnalazione!
Comunque, visto che sei un grande fan di Alice, aspetto anch'io il tuo giudizio sul nuovo disco

 

Vi farò sapere, spero a breve.
Ascoltare, non ho ascoltato niente. Però continuo a leggere recensioni positive e questo mi dà fiducia. Di norma so essere molto critico anche coi miei idoli ("Along came a spider", per esempio, lo ritengo un passo falso) ma a 'sto giro avverto buone vibrazioni.

 

Non male le posizioni raggiunte dall'ultimo album, le elenco in crescendo:

• Germania: #4
• Australia: #4
• Belgio: #5
• UK: #6 / #1 Rock Charts / #1 independent Charts
• Svezia: #6
• Finlandia: #9 / #1 nella classifica degli album in formato fisico
• USA: #6 Soundscan / #32 Billboard
  
• Italia: #47

E io non l'ho nemmeno ascoltato...

 

che aspetti!?

 

Il CD.

 

Non è ancora uscito?

 

Gli deve arrivare...

 

lol è da dove l'ha ordinato che ci mette così tanto

 

Poi vi racconto.

 

Ecco il nostro durante l'ultima edizione del Wacken:

In grandissima forma vocalmente (meglio lui di tanti cantanti con vent'anni di meno) e sempre il numero 1 come intrattenitore. Nel campo del rock puro per me non ha eguali.
Scaletta coi soliti classici (mi sorprende sempre il boato che accoglie "Poison", canzoncina che peraltro Alice canta sempre male, visto che l'originale in studio è laccatissima e strapiena di controcanti) ma con qualche innesto meno prevedibile del solito: "Woman of mass distraction", l'incredibile "Killer" (scelta coraggiosa, non è facile riproporre dal vivo un pezzo che hai cantato per la prima volta 46 anni fa), il nuovo singolo "Paranoiac personality" (che dal vivo rende meglio, devo dire), la cover di "Ace of spades" (che di recente propone spesso) e soprattutto "The world needs guts", direttamente da "Constrictor"!

 

Direttamente da Wacken questa è una delle mie tante foto.... la maggior parte delle foto sono su FB per amici ma questa è pubblica ♪♫ Feed My Frankestain ♪♫

 

La mia su “Paranormal”

Non me ne vogliano i fan di Vasco se li cito in un topic estraneo, ma quando leggo la frase con la quale sono soliti difenderlo per le brutture degli ultimi anni, ovvero “va beh, mica ci sono artisti che dopo 30 anni sfornano ancora album all'altezza dei loro lavori migliori”, a me vien da sorridere. Mister Alice Cooper, infatti, festeggiò i 25 anni di carriera col capolavoro “The last temptation”, i 30 con l'apprezzatissimo “Brutal planet” e oggi, alla soglia dei 50 anni di carriera, se ne esce con “Paranormal”, album che conferma le buone cose ascoltate su “WELCOME 2 MY NIGHTMARE”.
Qui però abbiamo meno varietà e un approccio rigidamente anni 60-70, sembra quasi che Alice abbia scovato la De Lorean di Marty McFly e sia tornato agli anni dei suoi esordi in musica. “Paranormal” è quasi commovente, in tal senso: 12 canzoni per soli 40 minuti di ottima musica retrò, con picchi notevoli tipo “Holy water” e “Genuine american girl”. Non una canzone brutta, al massimo un paio di passabili riempitivi. Discreto Larry Mullen alla batteria, dev'essersi divertito un mondo a variare un po' le sue linee (tranne in “Paranormal”, ma il pezzo rimane valido). Sorprendente l'ascolto del CD mediante stereo o cuffie di qualità: il citato singolo “Paranormal” guadagna parecchi punti se ascoltato in modo decente (le linee di basso del grande Roger Glover saltano all'orecchio solo in questo modo) e inserita nel contesto dell'album ammetto che pure “Paranoiac personality” guadagna la sufficienza. “Dynamite road” è chiaramente la versione senza violino e con più chitarra elettrica di “The devil went down to Georgia”, ma va bene lo stesso. Ottime tutte le linee vocali e gli arrangiamenti, ormai mi capita raramente di ascoltare album così curati su quel fronte. Ed Alice canta come se avesse trent'anni di meno.
La musica del vecchio Cup non può essere scissa dai testi: intelligenti come sempre, qualcuno s'è lamentato dicendo che “stavolta sono troppo cristiani” ma dev'essere gente che non ha ma ascoltato un album degli Stryper o che fino a ieri pensava che Alice fosse satanista. Sta di fatto che l'ironia di Alice Cooper è sempre dissacrante, basta vedere come si conclude la storia di “Dynamite road”; e “Holy water” non poteva avere un testo differente, visto che pare un brano eseguito in una di quelle chiese americane (frequentate solo da neri, avete presente?) piene di gente che canta allegramente su un palco illuminato a festa, ma in versione rock. Menzione d'onore per le liriche di “Genuine american girl”: una frase come “I'm only 30 out of 50 shades of gray... what do you say?” è impagabile.
In sostanza un gran bell'album di purissimo rock (niente hard e men che meno heavy) anni Sessanta e Settanta, maggiormente “centrato” e meno “duro” rispetto a 2 album recenti vicini come sonorità, ovvero i validi “The eyes of Alice Cooper” e “Dirty diamonds”. Tutto sta nel vedere quanto durerà nello stereo, anche se io sono ottimista (adesso stacco un po' altrimenti lo imparo a memoria in pochi giorni).
Qualche precisazione, infine: il trio Bruce-Dunaway-Smith, ovvero i 3 componenti della vecchia Alice Cooper Band, non compaiono tutti assieme in 2 brani bensì in 3 (oltre alle 2 del secondo CD c'è anche “Rats”) ma il grande Dennis Dunaway suona il basso pure in altri 2 pezzi (“Fireball” e “The sound of A”), quindi la collaborazione è più estesa di quel che si crede e secondo me ha apportato solo benefici. C'è anche un quarto nome noto, Steve Hunter, chitarrista della seconda fase della carriera di Alice, che qui suona in tre pezzi (i due del secondo CD + “Holy Water”).
Chiudo con un commento, parole rivolte a una persona che mi chiedeva un parere sull'album: “ascoltando Paranormal cogli la differenza tra due tipologie di artisti: da un lato quelli che cercano di suonare come i mostri sacri degli anni Settanta, dall'altro un mostro sacro degli anni Settanta che con una semplicità disarmante recupera il suo suono”.
Impartendo con la stessa semplicità una lezione di stile e songwriting.

 

Ottima rece! Quindi, alla fine, lo zio Vincent ha recuperato il vecchio glorioso sound...