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Dream Theater - Octavarium

Discussione in 'Heavy Metal' iniziata da Armand, 27 Giugno 2005.

  1. Hayato

    Hayato
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    9 Luglio 2005

    ...And I feel Alone...pa pa paaa...:hihi:
     
  2. Steel 76

    Steel 76
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    9 Luglio 2005

    sarò ingnorante in materia, a me non sembra che ci siano parti nu-metal :shock:
     
  3. Daniele "dani66" D'Adamo

    Daniele "dani66" D'Adamo
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    9 Luglio 2005

    Infatti, la prima volta che l'ho ascoltato, ero convinto fossero gli Slipknot: forse è per questo che Octavarium mi piace parecchio.
    :sadic:
     
  4. uncled

    uncled
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    9 Luglio 2005

    Allora siamo ignoranti in due :hihi:
     
  5. Steel 76

    Steel 76
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    9 Luglio 2005

    questo mi consola :lollone:
     
  6. poeta73

    poeta73
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    9 Luglio 2005

    Cosa significa "MELODIE nu-metal"? :sgrat:
    Help!! L'etichetta "NU" (?) continua a far passare notti insonni, i nemici del metal sono in agguato. :hihi:
     
  7. irondelvif83

    irondelvif83
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    9 Luglio 2005

    Mi sa che gli ignoranti sono due, ma non certo voi.......ToT forse poteva in qualche punto avere dei richiami Nu......Octavarium NO, forse solo un'idea il ritornello di These Walls, per il resto è prog,pop,rock, o quello che voleta ma non nu metal
     
  8. Monk

    Monk
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    9 Luglio 2005

    Vabbè, poverino, ormai l'ha sparata grossa, ma diamogli almeno modo di replicare, magari non voleva scrivere nu [​IMG]

    Tornando IT: ieri ho comprato una fanzine metal (della quale non faccio il nome) che riportava l'intervista a La Brie. Alla fine, alla domanda: "I Dream Theater hanno diviso il palco con tanti artisti, dagli Slayer a Elton John. Ma in definitiva qual è la dimensione in cui vi sentite più a vostro agio?", il singer ha risposto:"Fra questi due nomi sicuramente con gli Slayer. Siamo una macchina di progressive metal e così abbiamo sicuramente più cose in comune con l'aggressività degli Slayer che con il pop di Elton John."

    Lo so che la risposta ad una rivista di metal non poteva essere molto diversa, ma a me è sembrata una testimonianza di attaccamento alle proprie origini musicali che, tutto sommato, fa onore a Petrucci&soci...
     
  9. Luca Trifilio

    Luca Trifilio
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    10 Luglio 2005

    Mi fa piacere leggere ste cose.
     
  10. dooku

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    10 Luglio 2005


    Crucifyyyyyyyy :hihi:
     
  11. Daniele "dani66" D'Adamo

    Daniele "dani66" D'Adamo
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    10 Luglio 2005

    Beh, agli inizi di carriera, nessuno di noi dubitava che non fossero una band di Heavy Metal: classifichiamolo come vogliamo, ma è Metal.
     
  12. Darkgianlu

    Darkgianlu
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    10 Luglio 2005

    Boh, io non capisco questo grosso attaccamento alle categorie. Dipende da cosa una canzone mi fa sentire, non da cosa è considerata dagli altri in paragone alle altre canzoni. Metal, prog, pop, trop fic e cul son tutti insieme di lettere in confronto alle emozioni!
     
  13. Monk

    Monk
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    10 Luglio 2005

    Mmmm...non del tutto sbagliato come ragionamento.
     
  14. dreamwarrior

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    10 Luglio 2005

    Spesso i musicisti affermano di essere completamente immuni da qualsiasi critica, che un vero musicista prosegue spedito per la sua strada, fregandosene dei commenti e delle osservazioni altrui. Ebbene, non credeteli. Un artista di sifatto genere o suonerebbe solo per se stesso o non sarebbe un musicista. Anche i Dream Theater nell’arco della loro carriera si sono beccati la loro dose, ahimè massiccia, di critiche e questo per ogni lavoro pubblicato, da Images & Words fino a Six Degress. Tuttavia fino a quando hanno avuto dalla loro parte lo zoccolo duro dei fans, hanno fatto spallucce ed hanno continuato a suonare quello che volevano. Ma la pubblicazione di un album controverso quale Train of thought ha fatto ricredere anche i fans più accaniti i quali hanno incominciato a pensare che tutte le voci che circolavano su di una band solo tecnicismo e niente animo forse forse non erano così infondate. L’album voleva avvicinare la band ad un certo thrash metal anni ’80, ma invece risultava essere una lunghissima jam session in cui i nostri sciorinavano tutte le loro capacità tecniche, ma senza quella ispirazione che aveva contraddistinto lavori quali i due Liquid Tension Experiment, né tanto meno con quelle melodie memorabili che avevano fatto la fortuna dei lavori precedenti. Alla fine lasciavano scontenti sia gli amanti del vecchio sound eighties che si trovavano di fronte un lavoro troppo complesso per i canoni del genere, sia gli amanti del tecnicismo puro, i quali vedevano un tentativo di esibizionismo senza capo né coda. Tuttavia qualcosa, con questo nuovo Octavarium, deve essere scattato nella band, frutto anche delle tantissime critiche e disapprovazione che ToT aveva ricevuto. La risposta la dà Petrucci nell’assolo del brano These walls: quattro note, sì ispirate, ma di una semplicità sconcertante che forse il buon John avrebbe saputo fare meglio anche quando imbracciò la chitarra per la prima volta. Quasi a voler dire: “Stanchi dei virtuosismi? E allora beccatevi la cosa più semplice del mondo!”. Difatti questo Octavarium è probabilmente l’album meno tecnico che il quintetto ha mai sfornato con la presenza sì di momenti pirotecnici ma anche di altri molto più lineari. E sbagliano ancora: sembra quasi che la loro capacità compositiva sia diventata una sorta di coperta corta che non riesce a far coesistere gli aspetti principali che erano da sempre il loro marchio di fabbrica e cioè quello tecnico e melodico. Alla fine Octavarium risulta essere un lavoro con difetti diametralmente opposti rispetto a ToT anche se qualitativamente leggermente superiore. Se brani come The roots of all evil e Panick attack riportano i nostri ai fasti del loro passato, sia da un punto di vista esecutivo che da un punto di vista di melodie, The answer lies within, These walls e I walk beside you risultano essere prive di mordente ed assolutamente evitabili. La prima è una banale ballata non paragonabile per pathos a brani quali The spirit carries on, The silent man oppure Hollow years, la seconda un brano anonimo e la terza forse la canzone più inutile mai scritta dai Theater, con quell’incidere che ricorda Where the streets have no name degli U2, orecchiabile sì, ma non funzionale a questo disco. Never enough è invece un brano che ho apprezzato con La Brie che prende sì a prestito alcune linee vocali di Bellamy dei Muse, ma con una sezione ritmica indiavolata che a me ricorda quella del brano di apertura del primo Mullmuzzler. Sacrificed sons è probabilmente il miglior brano del disco con un break strumentale centrale da spavento e con l’orchestra ad impreziosire il tutto. La title track è una sorta di omaggio al prog: si passa dai Pink Floyd ai Genesis fino alla nostrana PFM il tutto però sviluppato in chiave theateriana. La prima parte è abbastanza lineare ma, verso la metà del brano, dal momento in cui Rudess parte con un solos stile PFM e fino alla fine, è un tripudio, con i nostri che fanno a gara a chi fa meglio, regalando a tutti uno dei momenti più ispirati della loro carriera. Che dire? E’ un buon disco ma non mi accontenta pienamente. Musicisti di questo livello possono e devono fare meglio, soprattutto evitando di disperdere le loro idee in tanti progetti paralleli, spesso inutili ma dannosi per la band madre. Ci saranno anche benefici economici ma si vede chiaramente che molti di questi lavori hanno sottratto tempo ed ispirazione ai nostri: se riuscissimo a mettere insieme tutte le buone idee espresse in miriadi di collaborazione otterremmo, forse, un paio di album del livello di Images & Words. Nell’attesa di un ritorno completo sulla retta via ci gustiamo questo Octavarium, che da buon album quale è mira ad essere una delle uscite più interessanti di questo 2005.
     
  15. dreamwarrior

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    10 Luglio 2005

    Performances:
    La Brie: con composizioni meno pesanti è più a suo agio. Ad imitare Heltfield o Bellamy fa meglio quando fa… il La Brie;

    Petrucci: pochi assoli, molta ritmica. Dopo l’ultravelocità di ToT, il live at Budokan ed il suo primo lavoro solista decide di tirare un po’ il fiato, lavorando più per la band che per se stesso;

    Myung: fa il suo onesto lavoro e lo fa bene. No né mai stato una prima donna e non lo è neanche per questo disco.

    Portnoy: stesso discorso per Petrucci.

    Rudess: bisognerebbe lasciargli più spazi compositivi. E’ un grande tastierista ma non penso che partecipi pienamente alla stesura dei brani ed è un peccato: nei suoi lavori solisti fa vedere quanto vale.
     

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