Iron Maiden

A me Hell On Earth pare proprio fatta col taglia e cuci, questione di sensibilità soggettiva ma proprio non riesco a comprendere il valore aggiunto del pezzo...magari leggendo il testo dà un effetto diverso...la trovo un mix fra Red and Black e Wild Wind blows, senza avere il break strumentale della prima e la forza narrativa della seconda. Non é proprio paragonabile alle suite del passato, neppure a Clansman o sign of the cross...magari da CD cambia tutto...de gustibus...

 

peccato per Lost in a Lost World
Intro e outro molto belli imho, belli i tempi dispari. tutto il resto debole.

 

Parte così bene, con quella parte acustica e quei bei cori...

 

Entro in punta di piedi solo per dire che dopo un primo ascolto completo dei due CD devo ammettere di essere abbastanza positivamente sorpreso! Per questioni personali cerco di tenermi il più possibile lontano dal commentare (su social, forum e online in generale) tutto ciò che riguarda questa band. Non voglio mettermi a confrontarlo con i due dischi precedenti ma sinceramente il nuovo album risulta a mio avviso molto stimolante, nel senso che ho trovato spunti di interesse che mi invogliano a riascoltarlo e approfondirlo. Forse scrivo una bestialità, ma mi sembra di sentirci molti punti di contatto con "The X Factor".

 

Avere tre chitarristi di livello aiuta, e qui come non mai, gran parte delle lungaggini vengono rese più sopportabili da una prestazione dei 3 davvero ottima, in certi momenti ho come l'impressione di ascoltare un compendio della chitarra "hard & heavy", pur non inventando nulla fanno viaggiare lo strumento a briglie sciolte per diversi minuti, ed è un piacere.

 

Lost In A Lost World mi ricorda molto certe soluzioni di X Factor

 

Anche a me, a tratti. Personalmente tra l’altro apprezzo The X Factor quindi si tratta di un plus (se fatto bene).

 

Non mi sembra di aver letto commenti sul suono di stratego, ma a me sembra suoni molto meglio del singolo, con la voce più a fuoco

EDIT.

Disco scorrevole e godevole fino a death of the celts che ingolfa come un biondi mangiato in venti secondi.

 

La titletrack comunque è davvero notevole.

 

provate ad ascoltare Darkest Hour dopo Senjutsu. non so per quale motivo il mio lettore le ha messe di seguito ma funzionano meglio cosi

 

Allora ascoltato, enorme delusione a mio avviso, parte anche bene con la title track (miglior brano insieme a The Parchment), dove Dickinson riesce pure a convincere, su Stratego e Writing on the Wall mi sono già espresso (immondizia il primo pezzo, robetta innocua il secondo, anche se l'ho leggermente rivalutato nel complesso se paragonato ad altri brani nello stesso disco), ma ecco che arriva Lost in a Lost World e qui si palesano tutti i difetti dei Maiden da X Factor in poi, pseudo canzone lunga e epica che di epico non ha nulla, con quei soliti 2 minuti di intro acustico (qui leggermente atmosferico) inutili che nulla aggiungono se non aggiungere noia, quando parte il pezzo il riffing si rivela quanto di più anonimo possibile, sembra una b-side di una b-side di The Final Frontier e si va con la solita chitarra che segue la melodia della voce di Bruce (voce di quest'ultimo in palese difficoltà in più occasioni qui), ritrnelli ripetuti fino allo sfinimento e la solita aggiunta di riff folk che non guastano mai, pezzo soporifero e sono gentile.
Per fortuna arriva Days of Future Past per risvegliare un po' l'ascoltatore, sembra un pezzo del Bruce solista, forse per questo ho apprezzato, ma dura poco perché poi arriva il solito lungo brano con intro ad cazzum, ovvero The Time Machine, non hai livelli infimi di Lost in a Lost World ma anche questo è un filleraccio davvero brutto e i riffs celtici hanno giusto rotto un pochino...
Darkest Hour invece, seppur sia una lenta semi ballad l'ho gradita, sarà perché è un qualcosa di diverso, sarà perché è un pezzo oscuro e dark come da titolo, sarà perché anche questo pezzo mi rimanda al Bruce solista, ma non è male.
Ma ecco che arriva la morte, Death of the Celts è un altro obbrobrio firmato Harris, che ormai è entrato in una fase di rincoglionimento totale, i soliti 2 minuti di intro (contateli pure, ormai la situazione è tragicomica) che portano al nulla, perché sto pezzo è il nulla musicale, riff ripetuti allo sfinimento (con la forte sensazione del taglia e cuci che citava Tarotman), non si salva nulla, tutti i difetti di Lost in a Lost World moltiplicati x10, 10 minuti di agonia.
Con The Parchment risento finalmente i Maiden che mi piacciono, anche questa è bella lunga, però boh, sarà per queste atmosfere orientaleggianti alla Solitude Aeturnus, però l'ho apprezzata molto, anche l'intro qui almeno ha una sua ragione di esistere e nel complesso è una canzone più che convincente (nonostante i soliti limiti e difetti), ma il fatto è che l'ascoltatore arriva a questo brano praticamente in coma, per tutta la noia e la pesantezza ascoltata prima di questo Parchment, consiglio l'ascolto a parte perché davvero, a questo pezzo si arriva sfiniti e sfiancati psicologicamente.
E per chiudere in bellezza ecco Hell on Earth... no davvero, ho dovuto staccare a 3 minuti dalla fine perché non ce la facevo più, questi Maiden non fanno più per me (devo farmene una ragione), di questo album salvo giusto 3-4 pezzi, per il resto mai più, se la gioca con Final Frontier e Virtual XI nella palma di peggior disco della band e non penso lo rivaluterò in futuro, per me è un grosso NO.

 

il primo disco mi ha lasciato un pochino sul "meh" ma a quanto pare non sono l'unico. Mi aspetto molto di più dal secondo. Produzione non buona cmq e bruce non è ben bilanciato nel mix (oltre che ha perso parecchia potenza vocale)

 

Dopo tre ascolti completi e altri di singoli pezzi mi sento di dire la mia.

Parto dal dire che secondo me avrebbero fatto meglio a

• pubblicare due dischi distinti, una sorta di Senjutsu pt. 1 nel 2020 (?) e un Senjutsu pt. 2 nel 2021
• tagliare in toto Lost in a Lost World, che con Stratego se la gioca con ampio distacco per la palma di peggior pezzo del lotto (e almeno Stratego dura 4 minuti)

Il primo punto si spiega con la lunghezza del prodotto e soprattutto la sua struttura. Tre brani di complessivi 34 minuti, per di più con struttura simile, posti in chiusura sono troppo... troppo.
Il secondo, invece, con il giudizio gravemente insufficiente che do al pezzo: non bastano una interessante intro acustica, che rimanda un po' a Omega di Accident of Birth, e una buona strofa finale a salvare un pezzo che per il resto è un palese collage di idee appiccicate alla bell'e meglio, condite peraltro da un ritornello orrendo. Di Stratego basti quello che ho detto in precedenza: canzone sciapa, senza mordente, a tratti persino incompleta.

Il resto.
Il resto è aperto da un'interessante title track, che non a opener più "classiche" (Futureal, The Wicker Man, Wildest Dreams, Different World, The Final Frontier) strizza l'occhio, preferendo ammiccare (strutturalmente parlando) a If Eternity Should Fail e a Sign of the Cross.
Seguono Stratego e Lost in a Lost World, di cui ho già detto, inframmezzate dall'orecchiabile The Writing on the Wall.
Arriva quindi Days of Future Past, un po' la sorellina di When the River Runs Deep, di gran lunga il pezzo più lineare del lotto, e a ruota The Time Machine, pezzo che a mio parere soffre dello stesso grande difetto di Lost in a Lost World: le idee, che in questo caso sarebbero anche singolarmente buone, sembrano appiccicate l'una all'altra e la somma non è maggiore delle singole parti.

Il secondo disco si apre con un ottimo lentone, Darkest Hour, fino ad ora il pezzo migliore per distacco. Anche qui le strizzatine d'occhio al Bruce solista non sono poche.
Death of the Celts se la gioca con la precedente come miglior pezzo del lotto. The Clansman parte 2, non che sia un problema.
The Parchment mi ha lasciato stupito, un mid-tempone lungo e oscuro che mi è piaciuto ben più del previsto - ma rimane forse dietro la precedente. Ha però sicuramente bisogno di più ascolti e non dubito che possa scalare le graduatorie.
Hell on Earth è l'erede di The Red and the Black e s'inserisce in una tradizione di brani che risale a Seventh Son of a Seventh Son, vale a dire pezzo che Harris scrive a tavolino con un bel corone da cantare tutti assieme e una parte strumentale lunghissima per far rifiatare Bruce. Ecco, a differenza di The Red and the Black, gravemente insufficiente nella prima sezione ma molto buona nella seconda, in questo caso ho gradito il brano in toto fino al punto in cui la band si ferma di botto per riprendere la sezione acustica. È un espediente che non ho mai gradito - in generale. Piuttosto mettici una progressione discendente e chiudi sulla tonica con una jam per poi, eventualmente, riprendere l'intro.

Nel complesso mi sembra un lavoro confezionato meglio del precedente dal punto di vista tecnico, ma pesante, e la sua pesantezza deriva proprio dalla lunghezza dei suoi componenti. Mi è piaciuto, ma penso che lo apprezzerei di più entrando nell'ottica che si tratta di due dischi distinti, e non di due parti di un medesimo disco.

Il grande difetto risiede però nella band, che palesemente vorrebbe, ma non può andare oltre un certo punto a causa di oggettive carenze.
Si sente tanto la mancanza di un arrangiatore SERIO, di una cultura compositiva che vada oltre il solito giretto di accordi e i soliti schemi prestabiliti. Far presentare i temi musicali del brano dagli strumenti può funzionare, ma a quel punto è inutile che gli stessi strumenti suonino anche le linee vocali cantate da Bruce mentre le canta Bruce. Pari pari tra l'altro, mentre sarebbe interessante sentire qualche variazione, qualche arrangiamento un po' più propositivo.

E si sente la mancanza di un pezzo di Murray.

Top 3: Senjutsu, Darkest Hour, Death of the Celts
Flop 3: Stratego, Lost in a Lost World, The Time Machine (salvabile)

Da riascoltare con attenzione: The Parchment